PugliaRegione Puglia + FoggiaProvincia di Foggia 

Notice: Undefined offset: 0 in C:\xampp\htdocs\anzano\plugins\attachments\attachments_for_content\attachments_for_content.php on line 827

Notice: Trying to get property of non-object in C:\xampp\htdocs\anzano\plugins\attachments\attachments_for_content\attachments_for_content.php on line 827

Notice: Undefined offset: 0 in C:\xampp\htdocs\anzano\plugins\attachments\attachments_for_content\attachments_for_content.php on line 828

Notice: Trying to get property of non-object in C:\xampp\htdocs\anzano\plugins\attachments\attachments_for_content\attachments_for_content.php on line 828

La prima descrizione della Chiesa Matrice è riportata nel resoconto della Visita Pastorale del Vescovo Scipione Spina del 1625. Secondo la testimonianza di altre fonti però la costruzione dell’edificio risale ad alcuni secoli prima. Fondamentale per stabilire il periodo delle sue origini è l’affresco del battesimo di Gesù, datato 1420 e rinvenuto dietro l’altare del Rosario intorno agli anni ’60 durante i lavori per la sistemazione del nuovo organo ed ora disgraziatamente distrutto.

La lunghezza della Chiesa risultava all’epoca identica all’attuale e la facciata principale non guardava verso la piazza ed il castrum (il palazzo ducale), ma, come ancora oggi verso l’attuale via Pino.

Agli inizi del ‘600 l’edificio presentava una pianta a croce latina.

Benedetta, ma non consacrata e non appartenente a cittadini privati, essa era considerata sui iuris e presentava le seguenti dimensioni: la navata centrale era lunga 96 palmi e larga 30; la croce era lunga 72 palmi e larga 26.

Gli altari, considerando anche quello del Santissimo Sacramento, che agli inizi del ‘600 non era ancora posto in una cappellina a parte, erano complessivamente quindici.

Nel 1642 il tetto della navata centrale era sub fornice come quello della navata trasversale, che però per la maggior parte era coperto di travi lignee.

All’edificio si accedeva da tre porte, la maggiore delle quali era di fronte all’altare maggiore; le altre due erano situate sulla parte sinistra.

L’ambiente era rischiarato da otto finestre provviste di tele cerate, per riparare l’intero dagli agenti atmosferici, ma intorno al 1647 si dovette murarne una onde creare lo spazio necessario per la sistemazione del nuovo organo.

Sulla destra di chi guardava l’altare maggiore sorgeva un pulpito di legno con un Crocifisso; vi si saliva con una scala di legno, sostituita nel 1646 con una di pietra.

Soprattutto nei giorni di avvento e di quaresima vi si tenevano le prediche a spese del casale.

Nel 1640 i muri della Chiesa erano piuttosto malandati e bisognosi di restauri, che però, vennero eseguiti solo una decina di anni dopo.

Verso la metà del secolo XVII anche il tetto a volta della chiesa e della sacrestia presentava delle crepe da cui penetrava acqua piovana con pericolo per la stabilità dello stesso edificio sacro; pertanto, nel 1651 il vescovo Pappacoda ordinò mediante un decreto, di provvedere entro quattro mesi, sotto pena di scomunica, alle necessarie riparazioni.

Verso il 1640 la Chiesa era provvista anche di un organo: posto accanto al pulpito, vi si accedeva dalla sacrestia per mezzo di una sacrestia di pietra.

Nel 1648 fu costruito un nuovo altare.

Al nuovo organo di pregevole fattura si accedeva con una scala di pietra; sulle portelle che servivano per chiuderlo erano dipinte su tela due immagini sacre raffiguranti l’una l’Immacolata Concezione, l’altra l’Assunzione della Vergine con gli apostoli Pietro e Paolo.

Al centro della Chiesa, tra le due navate, un architrave reggeva un Crocefisso ligneo, custodito con molto decoro e devozione.

Agli inizi del ‘600 la Chiesa Matrice era dotata di quattro confessionali, uno dei quali era posto vicino all’altare maggiore; ad essi successivamente se ne aggiunse un quinto.

Intorno alla metà del secolo, però, ne furono rimossi due a causa delle grate non pienamente conformi alle norme ecclesiastiche e della mancanza dei cartelli con le preghiere per i penitenti; nel 1657 il loro numero fu riportato a quattro e agli inizi del settecento a cinque.

Dietro l’altare maggiore, innalzato su due gradini, fu costruito nei pii del ‘600 il coro con i seggi finemente intagliati, sostituito poi nel 1690.

L’intera abside, coperta da una volta ad arco consentiva l’accesso al campanile attraverso una piccola porta.

Dalla parte sinistra dell’altare di S. Antonio si accedeva, invece, alla sacrestia, ambiente dalle dimensioni abbastanza ridotte, con il tetto in pietra a forma di volta, una finestra difesa da un’inferriata e una fonte per il lavabo dei sacerdoti.

Il pavimento dell’intero edificio, di lastrico, presentava un livello poco uniforme a causa di alcuni sepolcri non ben livellati.

Nel 1640 vi erano due tombe per i sacerdoti e quattro per i bambini; i cittadini che non possedevano sepolcri propri erano inumati in quelli del pio sodalizio.

La difettosa chiusura dei coperchi causava ovviamente odori sgradevoli, che inducevano l’autorità vescovile ad intervenire.

A tal proposito più volte si fece concreta la minaccia di interdizione e scomunica nei confronti dell’Università, in parte proprietaria dei sepolcri, e dei patroni, se non avessero adempiuto alla necessaria sistemazione.

La Chiesa, isolata da tutti gli edifici sin dalla sua costruzione, nella prima metà del ‘600 aveva davanti alla porta maggiore il cimitero, dichiarato immune, nel quale venivano deposte le ossa esumate dopo un congruo periodo di tempo dai sepolcri siti presso i vari altari.

Il cimitero disponeva di tombe molto simili ad un ossario.

Il campanile, eretto a forma di torre accanto alla Chiesa, sorreggeva tre campane.

Non trascorse molto tempo che al consiglio comunale, nel maggio 1879, si ripropose lo stesso problema per la rottura delle altre due campane, la cui rifusione fu affidata alla medesima ditta.

Delle antiche campane oggi resta solo il campanone.

Le due campane medie furono consegnate allo Stato Italiano, che, durante l’ultimo conflitto mondiale, ne utilizzò il bronzo per la costruzione di armi.

Dopo la guerra si provvide a sostituirle.

Al centro del presbiterio troneggia, dalla fine del secolo XVII, un artistico dipinto dell’Assunta, raffigurata nella gloria celeste, circondata di luce e di angeli festanti, mentre presso il suo sepolcro, collocato nella parte inferiore del quadro, un gruppo di persone, probabilmente gli apostoli, in atteggiamento di stupore e di lode al Signore, constata la scomparsa del corpo della Vergine.

 

AMPLIAMENTO E NUOVA DISTRIBUZIONE DEGLI ALTARI

 

Nella prima metà del ‘700 la Chiesa Madre, non potendo contenere più la popolazione in costante numero e trovandosi in precarie condizioni di statica, urgeva di immediati ampliamenti e di adeguate ristrutturazioni.

L’onere delle esecuzioni dei lavori, secondo una consolidata tradizione, avrebbe dovuto accollarselo l’Università, la quale, però attraversando un momento critico e tenendo le sue rendite sequestrate, a stento riusciva a pagare le tasse dovute al fisco.

Poiché anche il Capitolo dichiarò espressamente la propria impossibilità a sobbarcarsi spese così rilevanti, si rivelò oltremodo preziosa la disponibilità del pio sodalizio di San Gaetano, sempre sensibile verso i problemi della comunità.

Nonostante numerose discussioni, i lavori previsti non furono eseguiti e gli interventi furono limitati alla riparazione delle parti cadute della volta e alla sostituzione del legname fatiscente.

Erano trascorsi appena quattro anni, quando il problema si ripropose con maggiore urgenza e gravità.

L’opera di restauro e ampliamento dell’edificio sacro si realizzò solo a partire dal mese di Agosto dello stesso anno grazie al pio sodalizio offerto dalla Confraternita di San Gaetano.

Sulla facciata prospiciente la piazza furono collocate le statue di Sant’Antonio da Padova, protettore dell’Università e, naturalmente, di San Gaetano, come segno di riconoscenza verso l’omonimo pio sodalizio che tanto si era prodigato.

Pertanto, appena un anno dopo, il clero e il popolo potevano orgogliosamente ammirare insieme con il Vescovo, venuto in Visita Pastorale, l’edificio sacro co i bracci allungati, la volta a botte, il pavimento cementizio ed i muri imbiancati.

I lavori di ampliamento, mentre consentirono la rimozione di alcuni altari, comportarono lo spostamento di altri, riedificati nel pieno rispetto delle precedenti linee architettoniche.

Questo il loro elenco, che testimoniava il sentimento religioso della popolazione verso alcuni santi o particolari misteri della fede.

Partendo dall’altare maggiore, si incontravano in senso antiorario quelli dedicati a Sant’Oronzo, S. Francesco, S. rosa, Natività del Signore, Immacolata Concezione, S. Giuseppe, S. Teresa, Madonna del Carmine, San Gaetano, Anime del Purgatorio, Sant’Antonio, Annunciazione, SS. Crocifisso.

Risale a questo periodo la collocazione, su una tribuna eretta sopra la porta della navata centrale, dell’organo e degli altri strumenti musicali usati nelle funzioni solenni.

Dopo i grandi rifacimenti della metà del ‘700, le modifiche dei decenni successivi furono di scarso rilievo, se si eccettua la costruzione nel 1814.

Agli inizi dell’800 l’organo con orchestra trovò la sua definitiva sistemazione sopra la maggiore della Chiesa; il pulpito era collocato di fronte all’altare del Crocifisso.

Nel secondo decennio del secolo XIX, gli altari, ad eccezione di quello dedicato alle anime del purgatorio, risultavano ornati con molta proprietà.

Dato l’aumento della popolazione si era provveduto a portare a sei i confessionali.

Verso il 1830, però, alcune parti dell’edificio sacro necessitavano di restauri. In questo periodo la posizione degli altari risultava notevolmente modificata: al posto di quello di S. Rosa ve n’era uno di San Vito; quello della Natività era stato rimosso per la costruzione della cappella del Sacramento; non compariva più l’altare di S. Eligio, mentre quello di San Raffaele aveva preso il posto di quello di San Gaetano, trasferito a sua volta, dove prima si elevava quello di Sant’Antonio Abate.

Nel 1832, la Chiesa fu dotata di un nuovo coro di legno pregiato.

Si cominciava intanto a constatare che, pur essendo un edificio dalla forma leggiadra, era insufficiente ad accogliere tutti i fedeli. Per alcuni secoli la Chiesa era rimasta solo benedetta, come ripetutamente si affermava dal ‘600.

Finalmente sotto il parroco mons. Francesco Signore, la Chiesa fu consacrata da mons.

Gennaro Trama in data 1 Dicembre 1917.

Il 28 Gennaio 1911 era stata intanto installata la via crucis. Diversi furono i lavori compiuti in questo secolo, alcuni di semplice manutenzione o abbellimento, altri di maggiore rilievo.

Una riparazione ordinaria della Chiesa fu compiuta nel 1928; molto più consistenti furono gli interventi del 1931-32 con opere di consolidamento e decorazioni.

Anche in questo periodo si mostrò tangibilmente la generosità dei fedeli: fu aggiunto alla Chiesa un nuovo cappellone, per accedere al quale si crearono due ampi ingressi, adornati da alti cancelli in ferro battuto e ricavati dallo spostamento di un altare della navata centrale e di un altro di quella laterale destra.

Nel nuovo ambiente fu così collocato l’altare della Madonna del Carmine, mentre quello del Rosario fu trasferito al posto di quello dell’Annunciazione, che fu demolito conservandone però il quadro nella sacrestia.

La volta del cappellone fu costruita a forma di cupola, con otto finestrini a vetri policromi nella lanterna; due finestroni con vetri martellati ad intelaiatura in ferro davano luce a tutto l’ambiente, pavimentato in lastrico e abbellito da una zoccolatura di marmo alta 50 centimetri.

In esso fu eretto un battistero in marmo, chiuso da un cancelletto di ferro e ornato da un quadro raffigurante il Battesimo di Gesù.

Subito dopo, nel 1940, il barone Lopez restaurò il cappellone del Santissimo Sacramento, ponendovi a ricordo anche una lapide.

Un tale anno grazie alla magnificenza dell’arciprete Giuseppe Mocavero e della popolazione, la Chiesa fu ulteriormente adornata da un altare maggiore in marmo, così come ricordava una lapida in latino, ora distrutta.

L’ingrandimento della Chiesa Matrice del 1753, determinato dal progressivo aumento del numero dei cittadini, si rivelò insufficiente già dalla seconda metà del secolo scorso, quando gli abitanti passarono da 3 a 5 mila.

Cominciò, pertanto, ad avvertirsi la necessità di costruire una nuova chiesa parrocchiale che fosse in grado di soddisfare le esigenze di una popolazione, che frequentava in massa le celebrazioni non solo nei momenti più importanti e nelle celebrazioni più solenni.

Subito dopo la prima guerra mondiale si pensò di costruire la il nuovo edificio sacro nella zona “Sperti”, perché proprio in quel nuovo rione secondo quanto stimato si addensavano circa 1500 abitanti.

Furono segnalati tre possibili siti: una piazzetta alla periferia del paese, una cantina di cui era proprietario Liberato Carriero e un terreno di Antonio Marzo, posto di fronte al mulino a vapore.

Fu previsto anche il modo di provvedere i mezzi finanziari: oltre all’intervento del municipio e alle offerte dei fedeli, si sarebbe fatto ricorso alla vendita di due chiese, che in quel tempo versavano in condizioni decorose: quella di S. Vito e quella di S. Giovanni, la cui confraternita sarebbe stata assorbita dall’erigenda parrocchiale, alla quale non sarebbe mancato il contribuito generoso del Pio Sodalizio di San Gaetano.

Negli anni successivi diversi sacerdoti tentarono di concretizzare l’idea dell’erezione della nuova parrocchia.

Mons. Giuseppe Mocavero nel suo testamento donò la propria abitazione, che pure aveva acquistato con notevoli sacrifici, perché il ricavato della vendita fosse devoluto in favore dell’erigenda chiesa. Anche il canonico Antonio Mocavero tentò più volte di realizzare la costruzione, ma ne fu impedito prima dall’impegno profuso per la riedificazione della chiesa di San Giovanni, poi dalle incombenze relative alla nuova carica di Arciprete. Finalmente, subito dopo la seconda guerra mondiale, don Carmelo Martino si impegnò concretamente a realizzare l’antica idea, ubicando la chiesa sulla via di Copertino, all’estrema periferia dell’abitato.

Mentre l’attività religiosa cominciava a svolgersi nel 1945 in una rimessa alla meglio adattata, pervenne il domo di un terreno di proprietà del commendator Ferdinando Candido.

Il 5 gennaio del 1947 ci fu la benedizione della prima pietra.

La prima messa nel nuovo edificio, ancora privo del pavimento, fu celebrata nella notte di Natale 1953; nel giorno della festa della Madonna Ausiliatrice del 1957 il vescovo elevò poi la nuova comunità parrocchiale.

La chiesa è dotata di diverse opere di valore artistico:

 

● Statua dell’ausiliatrice, alta 1,60m in cartapesta, realizzata da Francesco Pantaleo nel 1955;

● Quadro di San Gaetano, opera su tela del 1965 di Mario Palumbo collocata sull’altare dedicato al Santo;

● Quadro su tela raffigurante il Cuore di Gesù, eseguito da Antonio Scupola nel 1970 e collocato sull’altare della navata destra;

● Dipinto su tela di Sant’Oronzo, realizzato da tale Miglietta nel 1894, proveniente dalla cappella di Sant’Oronzo “delli Colelli”;

● Quadro di Santa Rita, cartapesta in rilievo dell’artista Longo di Lecce degli inizi del secolo;

● Statua dell’Addolorata, manichino con panno degli inizi del secolo di Raffaele Caretta.

 

Nel 1981 la chiesa fu infine dotata di una nuova via Crucis, quattordici quadri in maiolica dell’artista salentino Nullo D’Amato.

Un’altra festa profondamente sentita dal popolo e celebrata solennemente la seconda domenica di Ottobre, è quella dedicata a Gesù Crocefisso, la cui grande effigie pendeva dall’architrave principale della Chiesa Matrice almeno sin dagli inizi del 600. Il simulacro originariamente non era quindi sull’altare dedicato attualmente al Cristo in Croce, anzi non viene organizzata alcuna manifestazione in suo onore. Esso pendeva dall’architrave, quale segno tangibile del sacrificio di Cristo, che raccoglieva tra le sue braccia le invocazioni e le speranze dei cittadini, sfruttati nei secoli XVI e XVII dai Conti di Gattinara e dai De Castro. Verso la metà del ‘600, in seguito ai lavori di ristrutturazione della Matrice, la statua ricevette una diversa collocazione e incominciò ad essere venerata con speciali celebrazioni. Al centro di un nuovo altare in pietra leccese riccamente scolpito secondo lo stile barocco del tempo, fu collocata l’effige del Crocefisso, che troneggiava in mezzo alle colonne e sotto una lapide che riguardava il rifacimento. Era l’inizio di un forte incremento della devozione monteronese. La ricorrenza della Santa Croce cominciava ad essere festeggiata con impegno: si celebravano i primi e i secondi vespri e la messa solenne. Si sa anche che verso il 1670 si spendevano per questo scopo 30 carlini. Ben presto l’altare fu riconosciuto come privilegiato e l’Arciprete eleggeva ogni anno un procuratore con il compito di provvedere, mediante la raccolta di offerte, alla festa, al necessario per il culto e all’olio per i lumi. Agli inizi del ‘700 accanto al Crocifisso vi erano anche i simulacri della Vergine e di S. Giovanni Evangelista, scolpiti in pietra con maestria e dorati, com’è già stato scritto. I festeggiamenti in onore del Crocefisso ricevettero notevole incremento nella seconda metà del secolo scorso, quando, in seguito all’epidemia del colera, la popolazione, disperata ed angosciata, spronata forse dal ricordo di episodi accaduti altrove in circostanze analoghe riportati dalla tradizione o dalla viva voce dei predicatori, il 5 ottobre si riversò nella Chiesa Matrice e, superando l’atteggiamento prudenziale del clero, portò processionalmente per le vie del paese la statua, impetrando dal Cielo quella guarigione che molti non erano riusciti ad ottenere. Che la liberazione del colera nel 1867 fosse dovuta ad una grazia particolare del Crocefisso fu convinzione non solo del popolo, ma anche del clero, che chiese un indulto al papa Pio IX, per poter celebrare ogni anno, nella seconda domenica di ottobre, una messa solenne di ringraziamento. La Sacra Congregazione dei Riti concesse la facoltà richiesta, purché nello stesso giorno non vi fosse la ricorrenza di un’altra festività di prima classe e non fosse tralasciata la messa conventuale. Il Vicario Capitolare il 24 Gennaio dello stesso anno dette il suo beneplacito a quanto stabilito dall’indulto: fu così istituita anche la festa liturgica in onore del Crocifisso, che la gente aveva iniziato a celebrare già dall’anno successivo all’epilogo del colera. Il ricordo dell’evento si rinnovò ogni anno: nella visita pastorale del 1906 il Vescovo cercò addirittura di contenere la sfarzosità della processione consentendo solo ad una parte del clero l’uso di paramenti liturgici solenni. Ai primi del secolo, il 21 Settembre 1919, mentre i più anziani ricordavano con viva commozione il dramma al quale erano miracolosamente sopravvissuti, Ercole Panico scrisse il testo e nell’agosto del 1921 il maestro De Santis compose l’instrumentazione di un inno al Crocifisso, rielaborato poi nel motivo del maestro Salzano nel settembre 1947. I festeggiamenti più solenni furono quelli celebrati in occasione del centenario del miracolo, quando in un momento molto intenso di fede e di emozione l’intero paese dimostrò di essere ancora memore e grato per la grazia ricevuta un secolo prima.


In evidenza

folder Altre notizie

  PagoPA   SERVIZI ONLINE   calcolo imu 2020   cuc2   protezione civile   gdpr   mappa tratturi   moving house   stradario comunale   sondaggi   FE   red   Whistleblowing

Il sito istituzionale del Comune di Anzano di Puglia è un progetto realizzato da Parsec 3.26 S.r.l.

Torna all'inizio del contenuto

Questo sito utilizza i cookie per il funzionamento e per offrirti una migliore esperienza. I cookie tecnici e i cookie utilizzati per fini statistici sono già stati impostati. Per ulteriori dettagli sui cookie, compresi quelli terze parti, e su come gestirne le impostazioni consulta la Cookie Policy.

Cliccando ACCETTO acconsenti all’utilizzo dei cookie.